A difesa della libertà di insegnamento
Il Ministro della Pubblica Istruzione tra le Finalità del programma di storia elenca lo sviluppo della capacità di utilizzare gli schemi cognitivi formati con lo studio della storia per analizzare la trama di relazioni – economiche, sociali, politiche, culturali – nella quale si è inseriti.
Alla luce di questa affermazione ministeriale la dott.ssa Dell’Aria ha dimostrato di essere una docente consapevole e ha avviato i suoi allievi a considerare l’insegnamento della storia uno strumento fondamentale per apprendere a vivere. Historia magistra vitae si legge nell’opera “De oratore” di Cicerone e i bravi insegnanti indirizzano a leggere il passato alla luce del presente, pur nel rispetto dei diversi contesti, per cogliere meglio il significato e la direzione delle situazioni odierne. Fuori da questo ordine di pensiero, che senso avrebbe studiare la storia? E come potrebbero appassionarsi ad essa le nuove generazioni? Del resto la funzione dei saperi disciplinari è la stessa per ogni materia scolastica: ciascuna di essa prepara alla vita e ad affrontare i problemi del presente che si proiettano nel loro futuro.
Purtroppo oggi in Italia viviamo un mondo alla rovescia per cui chi ha ragione ha torto e – viceversa – chi ha torto pretende di avere ragione.
Il perverso meccanismo è stato innescato proprio giocando sull’ignoranza delle persone, rese tali da chi non ha sviluppato quella mens critica che invece ha attivato la docente di Palermo.
Oggi in Italia chi salva le vite di uomini destinati a naufragare o a essere seviziati nei campi libici è considerato illegale, mentre – al contrario – è legittimato chi li lascia morire. Del resto la condanna dell’ONU del decreto sicurezza del governo, perché viola i diritti umani e incentiva la xenofobia, dimostra come la lettura degli studenti di Palermo abbia una sua fondatezza.
In ogni caso insegnare a pensare con la propria testa non può essere un reato da punire, ma il più grande merito che si può riconoscere a un’insegnante che non si limita a trasmettere conoscenze, ma si attiva per promuovere nei suoi studenti una coscienza critica e la capacità di interagire autonomamente con la contemporaneità e di provare a interpretarla per reagire.
È un gioco pericoloso, che genera confusione e disorienta le nuove generazioni che invece vanno formate a distinguere tra il bene e il male. A scuola si insegna la via dell’Etica, del Bene Comune che viene negato ogni qualvolta non si rispetta la dignità della persona umana. Questo criterio che fa da spartiacque tra ciò che è lecito e ciò che lecito non è, rappresenta la forza del video dei ragazzi dell’ITI Vittorio Emanuele III di Palermo che hanno individuato un’analogia tra periodi storici, passato e presente, entrambi inquinati dall’odio razziale, dalla violenza, dalla volgarità di facinorosi pronti sempre a impugnare armi perché incapaci di amare.
Coordinatrice Gruppo Formatori CVM